top of page

Il Blocco del Lettore

  • Immagine del redattore: William H. Ribera
    William H. Ribera
  • 7 giu 2024
  • Tempo di lettura: 5 min
(Photo by Blaz Photo)
(Photo by Blaz Photo)

Un tempo leggevo tantissimo.

Parlo di libroni di mille pagine ciascuno, finiti in tre giorni, magari in tempi in cui ancora andavo a scuola o comunque studiavo, persino.

Leggevo e leggevo, in qualunque momento della giornata, al punto che mia madre doveva sequestrarmi i libri se c'erano avvenimenti importanti – penso agli esami di terza media, ad esempio, in cui giorni prima dell'effettivo esame mi sequestrò la trilogia, riunita in un singolo volume, de "Le Cronache del Mondo Emerso", impedendomi di sapere come andava a finire per una settimana, finché la prova non fu superata.

Leggevo così tanto, anche durante l'estate, che restavo sulla spiaggia senza toccare acqua per interi giorni, finché il libro non era concluso e la mia sete di sapere come sarebbero andate a finire le cose non fosse stata placata. E io, per darvi misura della cosa, amo stare in acqua, al punto che mia madre mi chiamava "sirenetto". In più, leggevo di tutto: dai libri fantasy, i miei prediletti, ai libri non-fiction. L'unica cosa che ho evitato accuratamente, direi, sono i saggi: non abbiatemene a male, ma se non trattavano qualcosa che davvero mi interessava, finivo per mollarli a metà.

Eppure, qualcosa è cambiato nel tempo.

Si potrebbe arguire che, avendo vissuto un'infanzia e un'adolescenza un po' tormentate, leggere fosse per me una sorta di escapismo, un modo di evadere da una realtà un po' noiosa e un po' brutta, e rifugiarmi in mondi che non mi appartenevano se non per quelle poche ore che ci mettevo a finire un libro. E che, una volta che la mia realtà è migliorata, questa evasione dal mondo reale non fosse più così necessaria.Eppure c'è più di questo, me lo sento sulla punta delle dita.

Dipenderà forse dal fatto che ho scoperto di soffrire di una malattia mentale? Il che non sarebbe inficiante di per sé, credo, se non mi portasse ad avere continui buchi di memoria e mancanza di concentrazione, oltre ad una naturale propensione alla depressione che, si sa, tutto magna in termini di umore e voglia di far qualcosa del proprio tempo libero.

Vi riconoscete in almeno parte di questa descrizione? Ovvero, un tempo leggevate decisamente tanto, forse troppo, e per di più in poco tempo, mentre ora anche solo affrontare una pagina scritta da qualcun altro è difficile se non un tormento?

Non siete soli.

Questa situazione si può chiamare, a seconda che riusciate effettivamente a leggere pur con difficoltà, o invece non riusciate proprio a farlo, "Blocco del Lettore".

L'unico articolo che mi ha sbloccato – solo recentemente – dal Blocco del Lettore è un compendio dei "Diritti del Lettore", scritto da Daniel Pennac. Nessun altro articolo ha avuto successo, almeno non con me: tutti i consigli su come lo smartphone sia il male – e al momento sto leggendo proprio sullo smartphone, in mancanza di un supporto adeguato, proprio perché faccio fatica a tenere il segno sui libri cartacei –, oppure sul ritagliarsi uno spazio fisico adatto alla lettura... boh, con me non hanno granché effetto.



I Diritti del Lettore


Daniel Pennac era uno dei miei autori preferiti, quando ero piccolo.

Ho letto diversi suoi libri, come "Abbaiare Stanca" o "Come un romanzo": quest'ultimo è proprio il libro in cui sono contenuti questi dieci, imprescindibili, diritti.


Secondo Pennac, un lettore ha:


  1. Il diritto di non leggere.

    Sembra un controsenso, eppure eccolo qui: un lettore ha il diritto imprescindibile di non leggere. Ciò rende non solo la lettura una scelta personale, ma giustifica il preferire ad un'ora di lettura un'ora di sonno, di camminata, di palestra, di un altro hobby. Ciò accresce ancora di più il valore del gesto della lettura, quando decidiamo che infine è giunto il momento di leggere.

  2. Il diritto di saltare le pagine.

    Quante volte ci sono pagine e pagine di noiose descrizioni, e ci viene l'irrefrenabile voglia di saltarle a piè pari per riprendere da dove ricomincia la storia? Potete farlo. Si può. Nessuno vi punterà la pistola alla tempia e vi dirà che non siete lettori se non leggete ogni singola parola di quel libro. Davvero, non succede nulla; al massimo vi mancheranno delle informazioni, che però avete capito essere comunque superflue, quindi saltate quelle pagine ed evitate di annoiarvi.


  3. Il diritto di non finire il libro.

    Sarò onesto con voi: non ho mai finito "Il Signore degli Anelli" di Tolkien. Nemmeno il primo libro, "La Compagnia dell'Anello", a dire il vero. Mi fermo sempre allo stesso punto ogni volta che mi dico "dai, diamogli una chance". Alla fine, questa regola mi è risultata utile: parla del lasciar andare, e del dedicarsi ad un libro che ha più carte in regola per piacerci, e farsi leggere da noi. Avete tutto il diritto di non finire quel libro noiosissimo sui pappagalli in Islanda (?), avete tutto il diritto di cominciarne un altro e buttare il primo nel caminetto acceso, o di usarlo come puntello per un tavolo traballante.

  4. Il diritto di rileggere.

    Ho iniziato il nuovo anno proprio mettendo in pratica questo diritto: sto rileggendo "La Pietra del Vecchio Pescatore", un libro che lessi a dieci anni circa, perché 1. non me lo ricordavo per niente e 2. perché il mio blocco del lettore non si applica alle riletture, di solito.


  5. Il diritto di leggere qualsiasi cosa.

    Quale che sia il tuo genere preferito, non vergognarti mai di leggerlo: nessuno ha il diritto di giudicarti male se ti piacciono i libri "trash", quelli rosa, quelli erotici, quelli fantasy o dei pesanti saggi sulla filologia del '700. Leggi quel che vuoi, leggi qualsiasi cosa catturi il tuo interesse.

  6. Il diritto al bovarismo (malattia testualmente contagiosa).

    Questo è il diritto ad emozionarsi sulle pagine: il diritto di ridere, di piangere, perché no, e il diritto ad arrabbiarsi ed intristirsi a seconda di come va la storia.

  7. Il diritto di leggere ovunque.

    Benché ci siano luoghi espressamente dedicati alla lettura – biblioteche, librerie, caffè letterari –, hai il diritto di leggere ovunque: aspettando il bus, ad esempio, o sull'autobus stesso in attesa della tua fermata, o anche su una panchina, a casa, dovunque ti pare.

  8. Il diritto di spizzicare.

    Hai il diritto di leggere qualche riga di un libro, posarlo, prenderne un altro, leggerne qualche pagina, posarlo, e così via.

  9. Il diritto di leggere ad alta voce.

    Personalmente è il diritto che meno preferisco, poiché leggendo ad alta voce personalmente trovo difficile concentrarmi sui contenuti e la mia mente vaga, senza freno, sul modo in cui piuttosto pronuncio le parole. «Si leggerà "àdito" o "adìto"? "Appendìce" o "appèndice"?». Questo finisce per deconcentrarmi e mi ritrovo ad aver letto righe su righe senza ricordarmi minimamente cosa io abbia letto.

    Però è un diritto fondamentale, e lungi da me toglierlo dalla lista.

  10. Il diritto di tacere.

    Dèi, quante volte da bambini la maestra ci assegnava un testo da leggere e ci chiedeva, con la sua vocetta stridula, "Allora, cosa avete letto? Di cosa parla il testo?"?

    Personalmente odiavo questa domanda, perché pur avendo compreso il testo, non avrei saputo spiegarlo a parole. Il diritto di tacere è universale, e nessuno deve violarlo.

    Il diritto di tacere viene espresso così da Pennac:

    «L’uomo costruisce case perché è vivo ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire. Non gli offre alcuna spiegazione definitiva sul suo destino ma intreccia una fitta rete di connivenze tra la vita e lui».

    Personalmente trovo le sue parole molto vere.

Commenti


bottom of page